Percorso andata/ritorno S. S.  nr 411 (sublacense) - Arco di Trevi.

Tempo di percorrenza: ca 15 min.

 

Come arrivare al Km. 39+500 ca della S.S. nr. 411 (Sublacense):

  • Da Frosinone: S.S nr. 155 direzione Fiuggi, diramazione per Guarcino, S.S. nr. 411 (Sublacense) direzione Altopiani di Arcinazzo/Subiaco.

  • Da Fiuggi:  Proseguire per gli Altopiani di Arcinazzo, S.S. nr. 411 (Sublacense) direzione Guarcino.

 

        Brevissima passeggiata alla "porta occidentale" degli antichi Ernici

 

Al Km.  39+500  ca. della "Via Sublacense" inizia la passeggiata verso quel vero e  proprio   monumento,  l'Arco di Trevi,  un tempo confine occidentale  del  territorio  dominato   dagli   Ernici.   Individuato il   punto di  accesso  (foto  a sinistra),  si  prosegue  per la   comoda   strada  sterrata  che attraversa  bei   prati  in   leggerissima pendenza  fino  ad  arrivare,  in  un  quarto  d'ora  circa di   cammino,  ad   una  biforcazione  stradale.

Appena il tempo per incamminarci sulla sinistra  e.... come un  fulmine a ciel sereno a squarciare la monotonia   ed   il fitto della querceta,   ecco    l'Arco  di  Trevi   mostrarsi  in  tutta   la  sua eleganza!!!

 

 

      Un pò di storia

L’Arco di Trevi è un’ opera megalitica quadrata che, per alcuni studiosi, sarebbe precedente al  secondo secolo a.C. e sarebbe stata  una apertura su un muro di confine tra gli Equi e gli Ernici, per altri, pur mantenendo la stessa funzione, sarebbe un’opera più tarda e, in questo caso, riguarderebbe il territorio dell’antica Aletrium ed il demanio imperiale.  Personalmente, in base a ricerche effettuate sulle immediate vicinanze,   propendo per   la   prima  ipotesi.  Non sono mancati  studiosi che attribuivano  all’Arco  la   funzione  di supporto di acquedotto; ipotesi  caduta  dopo le ricerche e definitivamente  smentita dai    dati   emersi  dal    restauro.     Dal  territorio degli   Equi,

ora in territorio di Trevi nel Lazio si arrivava all’Arco attraverso una mulattiera ed una carrozzabile che partivano dal ponte  romano   di  “San  Teodoro”  sull’ Aniene   (foto in basso),  in  prossimità  dell’ antica  Treba.    Passato  il  ponte si  è  già  sulle  pendici dei Monti  Ernici  e  fino  a  Capo  d’Acqua si

cammina quasi sempre sull’antico basolato. A titolo di curiosità: su alcuni basoli sono evidenti  avvallamenti provocati  dal passaggio dei carri,  vicino ai quali è spesso scolpita una  piccola   croce.

La tradizione vuole che queste croci siano state     scolpite    a    devozione    di    San Domenico che,  inginocchiato in  preghiera,  avrebbe  lasciato  quelle  tracce. Già, molto prima di San Domenico, era passato su questa strada  San  Benedetto,

nel suo viaggio verso Montecassino. Tutta la pedonale e parte della carrozzabile antiche fino all’Arco, ad esclusione dell'ultimo tratto,  non sono percorribili a causa degli arbusti. Dall’Arco, in territorio di Guarcino, si entrava nel territorio degli Ernici. Per una strada carrozzabile che ha sconvolto il fondovalle e distrutto i terrazzamenti che contenevano i campi coltivati, si raggiunge ora la strada statale Tiburtina. In origine dall’Arco partivano tre strade:

     Una, la principale, che raccordava i siti ora toccati dalla Tiburtina, piegava, dopo pochi metri a destra e raggiungeva, da un lato, Fiuggi e Torre (basolato distrutto e basoli ai margini al bivio per Fiuggi). Sullo scollinamento, toponimo “Pugnano”, sono state trovate tracce della presenza etrusca.

Dal Bivio nei pressi della Croce del Guardiano, iniziava la strada per Guarcino che si raggiungeva attraverso Prato Lungo ed il Macerone. A guardia della strada, su Rocca Calamantina, esisteva una torre di epoca  romana di cui rimangono consistenti rovine ed una costruzione di circa 4OO metri quadrati di cui rimangono le fondamenta. Di fronte, agli Arciuni di Tobia, si trova, se non è andata definitivamente distrutta negli ultimi anni, la cosidetta “ Garritta Ernica dalla quale si domina tutto il tratto di strada che attraversava Prato Lungo.

     La seconda attraversava, presumibilmente, il fondo valle e la sua esistenza, sul versante di fronte, è testimoniata da un lungo tratto di basoli sconnessi per la crescita di arbusti, e dai muri di contenimento a monte e a valle. Non sono riuscito ad ipotizzare la destinazione ma, lungo il tracciato, si trovano tracce di ceramica antica grezza e i resti di una fornace.

     La terza piegava subito a sinistra e raggiungeva la strada per l’Obaco, attraversata la quale passava sopra la villa di Calpurnio di cui rimangono i ruderi.

Interessante, a metà circa del percorso,  una  costruzione antica  che  ha tutto  l’aspetto di  un  ricovero.

Che non sia una delle “Cone” che segnavano i bivi, lo dimostra il fatto che non presenta segni religiosi, non ha nome e non si trova su un bivio!

La Villa di  Calpurnio prende il nome da un  Calpurnio  citato   in  una iscrizione rinvenuta  tra i ruderi.

I ruderi della villa erano usatati come ricovero dai pastori ed erano stati esplorati già dalla fine dell’8OO da studiosi locali che hanno recuperato, oltre all’iscrizione, mosaici con scene di caccia ed altri reperti disgraziatamente tutti perduti.

L’eleganza dell’iscrizione potrebbe far risalire ad un Calpurnio poeta nella corte di Nerone.

 

Amilcare Culicelli

CARTINA 

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